Che cos'è lo stress per le piante?

Pubblicato da Kalos Team il Apr 20, 2021 3:09:36 PM

Cosa comporta e come si manifesta lo stress nelle piante?

Nel precedente articolo abbiamo parlato di Primavere stressanti e febbricitanti, in questo vogliamo approfondire il concetto di stress all’interno del mondo vegetale.

Tempo di lettura: 5 min.  

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Che cosa significa “stress”?

Dal vocabolario deduciamo che

  1. in fisica è sinonimo di sforzo,
  2. nel linguaggio medico rappresenta la risposta funzionale con cui l’organismo reagisce a uno stimolo di qualsiasi natura.


Lo stress è una reazione che si manifesta quando una persona o un animale percepisce uno squilibrio tra le sollecitazioni ricevute e le risorse a disposizione. Si tratta di un processo di generale adattamento atto a ristabilire un nuovo equilibrio interno in seguito alle perturbazioni occorse.

 

I vegetali possono “stressarsi”?

In “Che stress la primavera!” abbiamo visto che questo è possibile; l’ambiente può influenzare le piante in senso positivo, spingendole ad “agire” proprio nel momento più favorevole (fotoperiodo, uscita dalla dormienza, germinazione dei semi…) ma anche in modo negativo generando “tensioni” all’interno delle cellule che si manifestano come danni ossidativi.

 

Photo by Paweł Czerwiński on Unsplash

 

Facciamo luce su questo concetto.

Le piante sono organismi sessili, cioè sono piantate per terra e non si possono muovere per cercare condizioni migliori nelle quali vivere. Va da sé che si tratta di organismi strettamente legati all’ambiente in cui vivono e con enormi potenzialità di adattamento. Durante l’evoluzione esse hanno sviluppato diversi meccanismi di accomodamento alle condizioni dell’habitat, contemplando un mix di strategie di difesa: da quelle basate sulla chiusura del ciclo vitale prima che si presenti l’avversità, passando attraverso l’innalzamento di barriere (es: chiusura degli stomi) fino a quelle di tipo “tolerance” che innescano meccanismi molecolari funzionali alla resistenza ed alla riparazione dei danni provocati dallo stress.

Torniamo a noi, cosa succede quando le piante subiscono uno stress di tipo abiotico?

 
La “resistenza allo stress” può essere definita come la “capacità della pianta di sopravvivere, crescere e produrre anche in presenza di fattori sfavorevoli”

 

La tolleranza agli stress è un carattere poligenico (coinvolge molti geni) ed implica un elevatissima interazione con l’ambiente. Dal momento che le sollecitazioni a cui la pianta è sottoposta nel suo habitat sono la risultante di una varietà di condizioni climatico-pedologiche molto complesse non c’è un meccanismo univoco nelle risposte possibili, ma esiste una fitta rete di vie metaboliche che creano un intreccio di soluzioni diverse caso per caso.

 

Gelate aprile 2021 Photo by J.Weiss

 

Come funziona?

La percezione dello stress attiva una complessa rete di segnali che vengono trasdotti fino al nucleo dando origine alla risposta cellulare più adatta.

La natura dei “sensori” primari nelle piante è ancora poco chiara tuttavia, per analogia con gli altri recettori, si ritiene che essi siano localizzati nelle membrane o come nel caso dello stress da freddo quando sono proprio le caratteristiche fisiche della membrana che vengono alterate, sia la membrana stessa a fungere da segnalatore.

 
Possiamo farcene un’idea attraverso il seguente schema:
  1. le variazioni dell’ambiente esterno vengono captate dai recettori presenti sulle membrane cellulari;
  2. l’informazione è trasdotta fino al nucleo per mezzo di una cascata di eventi molto complessi che coinvolgono ioni, enzimi e fitormoni;
  3. nel nucleo si attivano di meccanismi che portano verso l’espressione di geni funzionali alla risposta agli stress; la regolazione della fotosintesi e la protezione della cellula dalla fotoinibizione (fenomeno per cui in presenza di luce ma assenza/carenza di CO2, l’energia luminosa viene dissipata e riduce l’O2, con conseguente generazione di specie radicaliche dell’ossigeno in generale molto tossiche per le cellule);
  4. vengono prodotte proteine dette “stress-related” che riparano i danni o/e sono coinvolte nel mantenimento dell'omeostasi cellulare (equilibrio dinamico che si instaura all’interno delle cellule e tende a mantenersi costante nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne).


Nello specifico è stato scoperto che differenti situazioni di stress condividono alcuni meccanismi adattativi. Siccità e congelamento ad esempio, si accomunano per il fatto di provocare disidratazione cellulare.

L’esposizione delle piante a temperature inferiori a 0°C causa perdita d’acqua, dovuta alla formazione di cristalli di ghiaccio negli spazi intercellulari. Il ghiaccio, occupando un volume maggiore rispetto all’acqua libera, determina una diminuzione del potenziale idrico all’interno delle cellule con conseguente fuoriuscita di acqua verso l’ambiente extracellulare.

Il danno disidratativo determina: 

    • diminuzione del volume cellulare e perdita di turgore,
    • modificazione della forma delle membrane fino alla loro completa distruzione,
    • aumento della concentrazione dei soluti con alterazione del potenziale idrico, 
    • alterazione di forma e funzionalità delle proteine fino alla denaturazione (alterazione irreversibile).
Gelata marzo 2021 Photo by G.Barison

 

Nel corso degli ultimi anni sono stati caratterizzati numerosi geni la cui espressione è regolata dagli stress abiotici. Il grado di tolleranza di una pianta agli stress può essere misutato attraverso l'espressione di questo set di geni in quanto all'interno delle molte sequenze coinvolte nel processo, alcune rispondono solo a specifici eventi stressanti, mentre altre prendono parte a numerosi meccanismi di difesa.

Stress da freddo.

E’ stato dimostrato che alcune proteine indotte dal freddo manifestano un comportamento simile a quello delle proteine anti-freezing (AFP) presenti in alcuni pesci artici. Le AFP modificano la struttura dei cristalli di ghiaccio legandoli tra loro con lo scopo di impedirne la crescita e la ricristallizzazione (aggregazione di più cristalli piccoli in uno grande). 

Casualmente o forse no, le sequenze di geni che codificano per la produzione di AFP sono molto simili a quelle che codificano per la produzione di una classe di proteine legate alla risposta ai patogeni (PR Proteins).

Stress idrico.

La risposta allo stress idrico sembra essere mediata da proteine chiamate deidrine. Le deidrine in qualche modo legano l’acqua allo scopo di proteggere le membrane cellulari.

Alcune analisi istologiche condotte su grano, hanno evidenziato l’accumulo di deidrine nelle vicinanze della membrana cellulare in condizioni di stress da freddo, dimostrando un probabile coinvolgimento di questa classe di proteine anche nei processi di crioprotezione delle cellule.

Bibliografia:

https://www.treccani.it/vocabolario/stress/

https://it.wikipedia.org/wiki/Stress

Il ruolo centrale dello stress idrico nelle avversità abiotiche delle piante.

Paolo Bagnaresi, Caterina Marè ed Elisabetta Mazzucotelli

 

E’ possibile aumentare la resistenza delle piante agli stress abiotici? 

E’ possibile migliorarne la resilienza ottimizzando la fase di riparazione dei danni e ripresa?

 

In Kalòs pensiamo sia possibile e pratichiamo questa credenza attraverso l’integrazione tra la conoscenza delle piante e della loro fisiologia e le competenze acquisite grazie alla nostra esperienza in campo (in tutti i sensi).

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Argomenti: Resistenza, agricoltura biologica, spring fever, febbre di primavera, bioattivazione, stress, resilienza